Standard Ethics, agenzia di rating di sostenibilità indipendente, ha annunciato il lancio del SE European Fashion&Luxury Index. L’Indice mira a fornire una panoramica del livello di sostenibilità all’interno del settore e a valutarne i progressi fino ad oggi. L’analisi consentirà alle aziende di confrontare le loro attuali strategie di sostenibilità con quelle di altri attori del settore e di considerare nuove modalità per migliorare il loro approccio ESG in linea con le direttive globali.
“Utilizzeremo circa 40 parametri ancorati agli standard proposti dall’Unione Europea”, spiega a MFF Jacopo Schettini Gherardini, CEO e research office director della società.
“I settori della moda e del lusso – aggiunge – rappresentano un patrimonio culturale per tutta l’Unione Europea e danno un importante contributo all’economia. La sostenibilità è diventata una priorità per molti e la pressione per allinearsi alle indicazioni internazionali stabilite da UE, ONU e OCSE ha accelerato il posizionamento dei marchi più all’avanguardia.”.
La pubblicazione dell’Indice è prevista per il primo semestre del 2023, con revisioni ogni sei mesi, a fine marzo e a fine settembre.
L’attenzione di Standard Ethics si concentra su 24 aziende di moda quotate in Borsa: tra queste, troviamo marchi italiani come Brunello Cucinelli, Zegna, Moncler, Prada e Ferragamo, e gruppi internazionali come LVMH, Kering, Richemont e Inditex.
Questa lista sarà ridotta a 20 componenti in base a dimensioni economiche, qualità e rispetto di codici etici e gestione del rischio ESG.
In parallelo, l’industria della moda italiana si è data appuntamento a Venezia il 27 e 28 ottobre per il Venice Sustainable Fashion Forum 2022. Si tratta del primo vertice internazionale dedicato alla transizione sostenibile del settore ed è articolato in due giornate: “Just Fashion Transition” e “The Values of Fashion”.
Attraverso la mediazione di Camera Nazionale della Moda Italiana (Cnmi) e Sistema Moda Italia, si sono tenuti dibattiti, analisi dei trend, dei comportamenti di mercato e delle best practice presenti e future per l’industria.
Il bisogno di confrontarsi su questi temi nasce dalla realizzazione della grandezza di questo comparto dell’economia italiana che, con un fatturato di circa 100 miliardi, oltre 500mila addetti e più di 60mila aziende, non ha, però, ancora definito strumenti di misurazione standardizzati e di raccolta dati.
Tuttavia, a seguito del summit veneziano, a partire dall’anno fiscale 2023-2024, sarà finalmente imposto l’obbligo per circa mille aziende europee dei settori fashion e lusso di rendere pubbliche annualmente le loro performance quantitative di sostenibilità. L’Italia, in particolare, conta il numero più alto in Europa di aziende interessate da questa imposizione, 300 circa. Marchi italiani, e non, dovranno sottostare agli standard introdotti dalle nuove direttive europee, tra cui il sopracitato SE European Fashion&Luxury Index.
La moda è un settore particolarmente sotto pressione per quanto riguarda l’impronta ecologica, fortemente interessato dalla necessità che ogni processo lungo la supply chain evolva in soluzioni più sostenibili. La naturale conseguenza di questa pressione è il fenomeno del “greenwashing”, strategia di marketing perseguita da aziende che presentano come ecosostenibili le proprie attività, cercando di occultarne l’impatto ambientale negativo.
Per poter evitare questo trend, il settore dovrebbe riuscire a misurare in modo preciso e quantitativo la sostenibilità di un marchio; ciò non accade però a detta di Ambrosetti, secondo il quale le stime sulle emissioni di carbonio nel settore registrano uno scostamento del 310% tra le diverse fonti interpellate.
Greenwashing e carenza di sistemi di misurazione creano il bisogno di avere obblighi e standard regolati da enti internazionali.
Queste due iniziative – Standard Ethics e Venice Sustainable Fashion forum – potrebbero rappresentare il punto di svolta per il controllo delle pratiche sostenibili nel settore della moda e per un’essenziale presa di posizione da parte delle aziende.