La recente adozione della Direttiva sui requisiti patrimoniali (CRD VI) ha gettato nuova luce su come le istituzioni finanziarie debbano gestire la loro transizione verso l’obiettivo del net zero e su come dovrebbero integrare nella loro pianificazione della transizione le normative prudenziali. Un piano di transizione prudenziale può essere definito come segue: “the overview and articulation of the strategic actions and risk management tools deployed by institutions, based on a forward-looking business environment analysis, to demonstrate how an institution ensures its robustness and preparedness for the transition towards a climate and environmentally resilient and sustainable economy.” [1] D’altra parte, un piano di transizione non-prudenziale può essere definito come “an aspect of a company’s overall long-term strategy that lays out a set of short-, mid- and long-term targets, actions and resources, with accountability mechanisms, to align the company’s business activities with a net-zero GHG emissions pathway that delivers real-economy emissions reductions with the objective of limiting global warming to 1.5°C and minimising the company’s systemic climate transition risks.”[2] Prendendo queste due definizioni come riferimento, si può osservare una notevole somiglianza e l’identificazione di aree di valutazione identiche come pianificazione strategica, valutazione del rischio, gestione del rischio e impatti sul modello di business, sull’ambiente e sull’economia. Da queste due definizioni, i piani di transizione prudenziali e i piani di transizione non prudenziali possono essere percepiti come aventi le stesse funzioni, ma destinati a un diverso target di utenti: nel primo caso le istituzioni finanziarie, nel secondo caso le aziende.
Seguendo le Linee Guida dell’EBA sulla Gestione dei Rischi ESG, la separazione tra i piani prudenziali basati sulla CRD VI e i piani di transizione non prudenziali costituisce un problema per le istituzioni finanziarie, poiché i piani di transizione non prudenziali, previsti dalla CSRD e dalla CSDDD, li influenzano comunque. Per questo motivo, i piani di transizione prudenziali e non prudenziali potrebbero tradursi in due “heavily interconnected transition plans for financial entities.”[3] Pertanto, le istituzioni finanziarie dovrebbero affrontare la pianificazione degli obiettivi climatici considerando l’interconnessione di due elementi: come un’analisi prudenziale influisce sulla loro transizione verso l’obiettivo del net zero, ossia come pianificano la ristrutturazione del loro modello di business e della loro politica su prodotti di credito e finanziamento, e la pianificazione di transizione non prudenziale, che è radicata nella pianificazione di transizione aziendale da parte dei partecipanti dell’economia reale.
Nella risposta alla consultazione sulle Linee Guida preliminari sulla Gestione dei Rischi ESG, l’Autorità Bancaria Europea (EBA) ha chiaramente affermato che “There is only one transition plan, a strategic plan designed by a [b]ank to reduce operational and financed emissions to net zero levels over the long term. This plan entails financial and operational risks as well as business opportunities in the process of assisting clients in their transition plans. Separating transition plans into two views is not useful or productive.”[4]
Questa interconnessione tra regolamentazione prudenziale e piani di transizione aziendali influisce sulla strutturazione della pianificazione prudenziale per le istituzioni finanziarie. Poiché i piani di transizione non prudenziali delle aziende analizzano impatti, rischi, dipendenze e opportunità derivanti dal raggiungimento degli obiettivi climatici, la prospettiva del rischio è già presente nella definizione e metodologia dei piani di transizione conformi alla CSRD e alla CSDDD delle aziende.[5] Pertanto, seguendo i nuovi requisiti previsti dagli articoli 76(2) e 87a(5), comma 2, della CRD VI[6], le istituzioni finanziarie dovrebbero sviluppare un unico piano di transizione che integri una visione dei seguenti componenti:
1) Piano operative per la riduzione dello scope 1 e scope 2.
2) Piano net zero per le emissioni finanziate all’interno dei portafogli di prestiti del bilancio della banca.
3) Rischi finanziari ed operative includendo delle analisi di scenario e stress testing.
4) Obiettivi di prestito, reddito e redditività legati alla finanza sostenibile, in quanto opportunità di business connesse ai fattori ESG.[7]
Le politiche come il Regolamento sui Requisiti Patrimoniali (CRR3) e la Direttiva sui Requisiti Patrimoniali (CRD VI) mirano a mantenere la stabilità finanziaria aumentando la resilienza del sistema finanziario e limitando l’accumulo di vulnerabilità, al fine di mitigare i rischi sistemici.[8]
Il successo nell’attuazione dei piani di transizione, con una supervisione bottom-up da parte delle istituzioni finanziarie sui propri clienti, costituisce la base per la mitigazione dei rischi legati alla conformità alle normative prudenziali macro e micro. Ciò si radica nella corretta applicazione del piano di transizione di un’istituzione finanziaria e nella valutazione dei piani di transizione dei propri clienti secondo quanto previsto dalla CSRD e dalla CSDDD.
I componenti delineati dall’EBA hanno la caratteristica di essere strettamente collegati alle strategie delle istituzioni finanziarie per mitigare le loro emissioni finanziate, che a loro volta dipendono dalle azioni dei partecipanti dell’economia reale, i quali rappresentano i loro principali clienti.[9] L’efficacia dei piani di transizione non prudenziali previsti dalla CSRD e dalla CSDDD nel raggiungere gli obiettivi climatici normativi dell’Unione si basa sulla capacità delle istituzioni finanziarie di coinvolgere e valutare la credibilità dei piani di transizione dei propri clienti. Tale valutazione affronta le preoccupazioni centrali legate al problema della valutazione dei rischi climatici e ambientali attraverso i tradizionali framework di gestione del rischio.[10] Attraverso il coinvolgimento dei clienti e la valutazione della credibilità dei piani di transizione dei propri mutuatari, le istituzioni finanziarie possono influenzare la transizione dell’economia reale[11], ridurre efficacemente le emissioni finanziate e determinare se i prodotti di credito o prestito stanno contribuendo alla transizione regionale in cui opera il cliente. Inoltre, le istituzioni finanziarie dovrebbero implementare una valutazione dei piani di transizione dei mutuatari come strumento critico per monitorare le implicazioni prudenziali della transizione. Un piano di transizione di un’istituzione finanziaria è allineato al net zero solo se il mutuatario a cui sta prestando denaro è allineato ai rispettivi percorsi settoriali di decarbonizzazione, poiché la maggior parte delle emissioni che devono essere ridotte sono emissioni finanziate, quelle che derivano dalla categoria 11 dell’ambito 3, secondo la nomenclatura del protocollo GHG.
Per valutare tale allineamento, l’istituzione finanziaria deve sviluppare un framework di valutazione della credibilità bottom-up, che aumenti la resilienza della singola istituzione finanziaria, e una valutazione top-down dei rischi che potrebbe affrontare se il proprio piano di transizione non fosse allineato agli obiettivi climatici e di sostenibilità dell’UE. Questo approccio migliora la resilienza contro i rischi che emergono per il sistema finanziario nel suo complesso.[12]
La trasformazione narrativa operata dall’EBA, fondendo i piani di transizione e i piani di transizione prudenziali sotto un unico ombrello, comporta una modifica nel modo in cui le istituzioni finanziarie valutano le loro azioni microprudenziali rispetto alle valutazioni delle autorità competenti. La sicurezza e l’integrità delle istituzioni finanziarie rappresentano il focus principale dei mandati microprudenziali, che generalmente non includono obiettivi climatici più ampi.[13]
Tuttavia, per mitigare la loro esposizione ai rischi climatici e ambientali, le istituzioni finanziarie devono integrare i parametri di sicurezza e integrità nella loro valutazione complessiva. Per raggiungere questo obiettivo, devono includere fattori di credibilità legati agli obiettivi climatici e alla pianificazione della transizione all’interno della loro struttura e del loro modello di business. Questo permette loro di allineare i parametri tradizionali di sicurezza e integrità con le esigenze legate alla transizione verso un’economia sostenibile e resiliente.
Come è collegata la credibilità del piano di transizione di un cliente alla regolamentazione microprudenziale e alla credibilità del piano di transizione dell’istituzione finanziaria?
La valutazione microprudenziale di un’istituzione finanziaria da parte dell’autorità competente si basa fortemente sulla credibilità del piano di transizione della stessa istituzione. La credibilità, a sua volta, si traduce in come l’istituzione finanziaria modifica la propria gestione e si impegna con i propri clienti. Come si può notare, l’engagement è uno dei principali processi identificabili nella valutazione della credibilità di un piano di transizione di un’istituzione finanziaria. L’engagement si basa sulla capacità dell’istituzione di valutare e monitorare la fattibilità del raggiungimento degli obiettivi di emissioni Net Zero, valutando il livello delle emissioni finanziate rispetto alla pianificazione settoriale della transizione dei propri clienti.
Un piano di transizione settoriale si riferisce a ciò che deve accadere per raggiungere un determinato obiettivo di decarbonizzazione per un settore specifico. Le istituzioni finanziarie, per comprendere se il cliente è allineato con il percorso settoriale di decarbonizzazione basato su dati scientifici, devono valutare l’approccio utilizzato per implementare il suo piano.
La gestione dei rischi legati alle emissioni Net Zero parte dalla comprensione del divario tra gli obiettivi climatici dell’istituzione finanziaria e la credibilità dei piani di transizione settoriale dei propri mutuatari. Questa valutazione dovrebbe prendere in considerazione impatti, rischi e dipendenze, ed essere condotta applicando una valutazione dei rischi top-down basata su scenari climatici, cambiamenti normativi e legali, e un’analisi bottom-up basata sull’engagement con i clienti riguardo alla transizione, alle questioni ambientali e legate alla natura.
In ultima analisi, questo rischio è gestibile finché l’istituzione finanziaria si concentra su una strategia, un piano di transizione e un engagement con i clienti orientati alla transizione dell’economia reale dei propri mutuatari, affrontando le proprie vulnerabilità climatiche attraverso la riallocazione del capitale dalle attività ad alte emissioni verso quelle transizionali e sostenibili, e garantendo che i mutuatari implementino piani di transizione credibili.
[1] European Banking Authority (EBA). (2024, January 18). Consultation paper on draft guidelines on the management of ESG risks. EBA.
[2] Rose, A., Shrimali, G., & Halttunen, K. (2024). A framework for assessing and managing dependencies in corporate transition plans. Oxford Sustainable Finance Programme, University of Oxford.
[3]E3G. (2023). Response to the European Banking Authority (EBA) consultation on guidelines for the management of ESG risks. E3G. Retrieved from https://www.eba.europa.eu/system/files/webform/webform_consultation_16620/75384/E3G%2520-%2520EBA%2520Consultation%2520Response.pdf
[4] European Banking Authority (EBA). (n.d.). Response to consultation on draft guidelines on the management of ESG risks. Retrieved October 14, 2024, from https://www.eba.europa.eu/eba-response/75303.
[5] Ibid. 3
[6] Specifically, those required by article 76(2), which requires the financial institution to set out specific plans to monitor and address the financial risks arising from the transition ad process of adjustment to the relevant member states and Union regulatory objectives in relation to ESG factors, as well as, where relevant for internationally active institutions, third country objectives, and by article 87a(5) subparagraph 2 stating that the methodology and assumptions sustaining the targets, the commitments and the strategic decisions disclosed publicly by institutions under directive 2013/34/EU, or other relevant disclosure and due diligence frameworks, shall be consistent with the criteria, methodologies, assumptions and targets used in the plans to be prepared in accordance with the CRD.
[7] Ibid. 3
[8] European Commission. (2024, January 24). Report from the Commission to the European Parliament and the Council on the macroprudential review for credit institutions, the systemic risks relating to Non-Bank Financial Intermediaries (NBFIs), and their interconnectedness with credit institutions. Brussels: COM(2024) 21 final.
[9] Dikau, S., Robins, N., Smoleńska, A. et al. Prudential net zero transition plans: the potential of a new regulatory instrument. J Bank Regul (2024). https://doi.org/10.1057/s41261-024-00247-w.
https://link.springer.com/article/10.1057/s41261-024-00247-w#citeas
[10] Ibid. 7
[11]Ibid. 7 chapter “prudential transition plans: the role of supervisors”.
[12]European Central Bank (ECB). (n.d.). Microprudential supervision and macroprudential policy. ECB. Retrieved October 14, 2024, from https://www.ecb.europa.eu/ecb/orga/tasks/stability/strategy/html/index.en.html
[13] Ibid. 2