Con l’inizio del secondo mandato di Donald Trump, la visione sul cambiamento climatico e le sue politiche ambientali tornano a essere argomenti chiave. Le stime di alcuni analisti prevedono un aumento di 4 miliardi di tonnellate di CO₂ entro il 2030, con danni climatici che potrebbero toccare i 900 miliardi di dollari. È uno scenario che richiama forti preoccupazioni, soprattutto se si considera l’eredità del primo mandato di Trump, caratterizzato da un deciso scetticismo verso le misure ambientali.
Questa volta, però, lo scenario è più complesso. Gli Stati Uniti, nel frattempo, hanno adottato una legge sul clima, mentre la Cina ha consolidato il suo ruolo di leader mondiale nelle tecnologie a zero emissioni. Quindi, le scelte di Trump avranno ripercussioni significative non solo a livello nazionale, ma anche globale.
Tra le azioni probabili ci sarà un ritiro definitivo degli Stati Uniti dagli Accordi di Parigi, una mossa che avrà implicazioni economiche, considerando l’impatto sulle politiche di sostenibilità globale e le pressioni internazionali. Al contempo, Trump potrebbe autorizzare la costruzione di nuovi terminali per l’esportazione di gas naturale liquefatto, rafforzando la posizione degli Stati Uniti come uno dei maggiori esportatori di gas. L’allentamento delle normative della Environmental Protection Agency (EPA), già sperimentato nel primo mandato, potrebbe estendersi ulteriormente, con effetti sulle emissioni dei settori dei trasporti e dell’energia.
Un elemento cruciale sarà l’Inflation Reduction Act (IRA), il quale ha rappresentato un pilastro per la ripresa economica post-Covid, grazie ai crediti d’imposta per l’energia pulita e le infrastrutture sostenibili. Secondo il Washington Post, le aree che hanno sostenuto Trump nel 2020 hanno beneficiato di tre volte più fondi dell’IRA rispetto ai distretti favorevoli a Biden. Se Trump sceglierà di smantellare queste misure, l’impatto economico potrebbe essere significativo, ma è difficile prevedere se deciderà di abbandonare un provvedimento che ha contribuito alla crescita in molte regioni repubblicane.
Interessante è il panorama politico che Trump ha creato, costruendo una coalizione che include figure come Elon Musk e Robert Kennedy Jr. Musk, con le sue attività legate ai veicoli elettrici, potrebbe beneficiare delle normative energetiche favorevoli, mentre Kennedy Jr., noto per le sue posizioni contro il nucleare e la costruzione di nuovi impianti chimici, rappresenta un paradosso nella politica ambientale di Trump.
Le implicazioni globali sono altrettanto rilevanti. Otto anni fa, le politiche climatiche erano considerate marginali, ma oggi energie rinnovabili, batterie e veicoli elettrici sono centrali per l’economia e la geopolitica. La Cina ne è il simbolo: il paese domina la produzione di veicoli elettrici, offrendo modelli più economici e tecnologicamente avanzati. Se gli Stati Uniti tagliassero il supporto ai veicoli elettrici, la Cina sarebbe pronta a colmare il vuoto, rafforzando ulteriormente la sua leadership nel mercato globale.
La direzione della Casa Bianca nei prossimi anni non influenzerà solo la politica interna, ma deciderà se gli Stati Uniti agiranno come leader ambientali o seguiranno un percorso isolato. La posta in gioco è alta: mentre la Cina investe massicciamente nell’energia pulita, qualsiasi passo indietro americano potrebbe significare un’opportunità per Pechino di consolidare la sua influenza globale.