Mari ed oceani sono un equilibrato e delicato ecosistema che unisce il pianeta e le persone. Proteggerlo e salvaguardarlo è essenziale per garantire la sopravvivenza di ogni forma di vita sulla Terra.
Il quattordicesimo Obiettivo dell’Agenda2030 recita “Conservare e utilizzare in modo durevole gli oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile”. Il mare è da sempre stato culla per le civiltà, mezzo di scambio culturale e veicolo per lo sviluppo commerciale. Non tutti sanno che gli oceani del mondo che ricoprono il 71% della superficie terrestre influenzano i sistemi globali e rendono il pianeta un luogo vivibile per il genere umano. Gli elementi che vengono forniti e regolati dal mare sono molteplici, l’acqua piovana, quella che beviamo, il clima, le coste, il cibo che mangiamo e persino l’aria.
Per comprendere l’importanza di questi ecosistemi per la nostra vita, basti pensare che secondo le Nazioni Unite più di 3 miliardi di persone dipendono dalla biodiversità marina e costiera per il loro sostentamento, attraverso attività come la pesca sostenibile, l’acquacoltura, la produzione di energia rinnovabile, l’ecoturismo e il trasporto navale ecologico.
Sott’acqua c’è un mondo fantastico che racchiude, nelle sue profondità, bellezze e ricchezze inestimabili, ma che purtroppo non godono di grande considerazione proprio perché poco visibili. Malgrado ciò, inquinamento, innalzamento della temperatura, ossigenazione, acidificazione, rifiuti e sfruttamento indisciplinato delle risorse stanno cambiando irreversibilmente gli equilibri degli ecosistemi marini. Secondo uno studio delle Nazioni Unite, la fauna ittica ha subito un decremento di oltre il 40% ed il dimezzamento delle specie negli ultimi decenni. Un problema di tutela, sicurezza alimentare oltre che sopravvivenza dell’uomo sebbene non dipenda esclusivamente dalla pesca eccessiva, ma anche dall’inquinamento.
L’Obiettivo 14 è dunque centrale non solo per le popolazioni costiere o insulari, ma per l’intero ecosistema planetario e per uno sviluppo sostenibile. L’istituzione di aree marine protette e di aree di biodiversità vuole appunto preservare intere zone e aumentare la consapevolezza della portata del problema perché la vita sott’acqua va difesa in tutte le sue dimensioni per evitare un mare di problemi.
Fatti e cifre
Gli oceani assorbono circa il 30% dell’anidride carbonica prodotta dagli umani, mitigando così l’impatto del riscaldamento globale sulla Terra. Esistono però abitudini e pratiche frequenti che stanno contribuendo a dilapidare questo patrimonio, a partire dalle emissioni e dal surriscaldamento globale, che rendono gli oceani acidi.
Un fenomeno dannoso poiché riduce la capacità di assorbire anidride carbonica e mette in pericolo la vita Marina; la quota globale delle risorse ittiche in condizioni di sostenibilità biologica è scesa dal 90% nel 1974 al 67% nel 2015 e l’acidità marina (causata dall’assorbimento negli oceani di ani- dride carbonica dall’atmosfera) è aumentata del 26% rispetto all’era preindustriale. Secondo il Report “Fauna selvatica a rischio” di Legambiente Onlus il 40% delle specie di anfibi, il 33% dei coralli e più di un terzo di tutti i mammiferi marini sono attualmente minacciati. Numeri che in base ai livelli di sfruttamento delle risorse marine sono destinati a peggiorare; le Nazioni Unite stimano che il livello di acidità degli oceani aumenterà del 100-150% entro il 2100.
Gli oceani coprono i tre quarti della superficie terrestre, contengono il 97% dell’acqua presente sulla Terra e rappresentano il 99% di spazio, in termini di volume, occupato sul pianeta da organismi viventi. Secondo le Nazioni Unite il valore di mercato stimato delle risorse e delle industrie marine e costiere è di 3 mila miliardi di dollari annui, ovvero circa il 5% del PIL globale.
Tuttavia, i sussidi per la pesca stanno contribuendo al rapido esaurimento di numerose specie di pesce, e stanno impedendo azioni tese a salvare e ripristinare le riserve ittiche globali e gli impieghi ad esse collegati, portando le industrie ittiche degli oceani a produrre 50 miliardi di dollari americani annui in meno rispetto al loro potenziale.
La situazione in Italia
La Comunicazione della Commissione europea COM (2018) rileva come la plastica costituisca l’80-85% del totale dei rifiuti marini. Di conseguenza, tra le novità attinenti il disinquinamento dei mari, va segnalata in primo luogo l’attuazione della “Strategia plastica” dell’UE47, inserita nel contesto dell’economia circolare, orientata anche alla prevenzione dall’inquinamento delle acque marine, come già auspicato nella risoluzione del Parlamento europeo del 16 gennaio 2018 “Governance internazionale degli oceani: un’agenda per il futuro dei nostri oceani nel contesto degli obiettivi di sviluppo sostenibile per il 2030”48.
In attuazione della “Strategia plastica”, è stata approvata la Direttiva UE 2019/904 del Parlamento e del Consiglio del 5 giugno 2019 per la riduzione dell’incidenza di determinati prodotti di plastica sull’ambiente. In particolare, non potranno essere più commercializzati alcuni prodotti di plastica monouso quali piatti, posate e cannucce.
Altre azioni sono orientate a favorire il riciclo della plastica, con l’introduzione di specifiche obbligatorie di produzione, di marcatura con informazioni utili al corretto smaltimento, con la responsabilità estesa del produttore, la definizione di target per la raccolta differenziata, la sensibilizzazione dei cittadini.
Obiettivi
Il “Rapporto sullo Sviluppo Sostenibile 2019”, prodotto dalla Fondazione Bertelsmann e dal Sustainable Development Solutions Network (SDSN), analizza i progressi compiuti in tema di Agenda 2030 con una prospettiva globale. Tra gli obiettivi difficilmente raggiungibili entro la soglia del 2030, fa parte tra gli altri anche il numero 14, che presenta grandi lacune rispetto ai target prefissati, anche nei paesi sviluppati.
In particolare, nessuna nazione ottiene un “rating verde” (sinonimo di Goal raggiunto) nel Goal 14, e i Paesi ad alto reddito generano anzi effetti negativi sulla condizione ambientale e socioeconomica dei meno sviluppati.
Tra le politiche da attuare con maggiore urgenza, quella di vietare quelle forme di sussidi alla pesca che contribuiscono a un eccesso di capacità e alla pesca eccessiva, contribuendo alla pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata. Bisogna inoltre astenersi dal reintrodurre tali sussidi, riconoscendo che il trattamento speciale e differenziato per i paesi in via di sviluppo e per quelli meno sviluppati è appropriato ed efficace. Le Nazioni Unite hanno fissato come obiettivo da raggiungere entro il 2025 quello di prevenire e ridurre in modo significativo ogni forma di inquinamento marino, in particolar modo quello derivante da attività esercitate sulla terraferma, compreso l’inquinamento dei detriti marini e delle sostanze nutritive.
È necessario infine porre termine alla pesca eccessiva, illegale, non dichiarata e non regolamentata e ai metodi di pesca distruttivi. Implementare piani di gestione su base scientifica, così da ripristinare nel minor tempo possibile le riserve ittiche, riportandole almeno a livelli che producano il massimo rendimento sostenibile, come determinato dalle loro caratteristiche biologiche.